giovedì 27 dicembre 2012

Feudalesimo e Libertà.


Feudalesimo e libertà, il partito che ha risolto i problemi d’Italia

 Quelli che vogliono l'impero

FeL – È arrivato Feudalesimo e Libertà, il partito che sa rispondere ai problemi dell’Italia e, in barba a chi voleva una rottamazione, dona nuovo respiro ai principi medievali. Per il bene del paese, si deve ricostruire l’impero e ristabilire la giusta gerarchia del padrone e del servo. 

Proposte concrete, un esempio:



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venerdì 12 febbraio 2010

Cesare - Prima parte


Quanti milioni di uomini sono morti per rendere Cesare grande!
Thomas Campbell

Dopo una più o meno lunga pausa torno a scrivere di argomenti squisiti. Quest'oggi scrivo sul dittatore romano Cesare. Le cose da scrivere sono decisamente troppe, perciò ho deciso di dividerlo in due o più parti.

Cesare o ad essere precisi Gaio Giulio Cesare, è in assoluto il personaggio più importante nella storia dell'uomo. Generale, dittatore e perfino scrittore, nacque a Roma tra il 101 e il 100 a.C. da un'antica e nota famiglia patrizia, la gens Iulia, che aveva compreso il primo re di Roma, Romolo, e discendeva da Iulo (o Ascanio), figlio del principe troiano Enea, secondo il mito figlio a sua volta della dea Venere.

Di statura alta, magro, ma forte, elegante fin troppo, occhi scuri, fronte spaziosa, sguardo folgorante come uno sparviero, aspetto nobile e voce vibrante. Dotato di eccezionale memoria e di singolare capacità d’espressione. Fermo e dominato dalla calma anche nei momenti in cui l’ira gli esplode nell’anima.

Il cognome "Caesar" deriva in seguito alla nasciata di un uomo venuto alla luce grazie ad un taglio cesareo. Altre fonti invece ci suggeriscono che il primo Cesare avesse ucciso un elefante (caesai in berbero), oppure, che fosse nato con una folta capigliatura (dal latino caesaries), o ancora, con occhi di colore celeste particolarmente vivo (dal latino oculis caesiis).

Nonostante fossero patrizi, la famiglia di Cesare, non era ricca per gli standard dell'aristocrazia romana. Ciò rappresentò inizialmente un grande ostacolo alla sua carriera politica e militare, e Cesare dovette contrarre ingenti debiti per ottenere le sue prime cariche politiche. La sua grande passione era la poesia, ma questo non lo teneva lontano dalle esercitazioni militari. Suo grande maestro fu lo zio Mario, Generale e Console per sei volte, che negli anni della giovinezza do Cesare, riuscì ad attirare su di se e su tutta la famiglia, le antipatie della nobilitas repubblicana. Dopo la morte dello zio Gaio Mario, Cesare ripudiò la sua promessa sposa Cossuzia per sposare Cornelia Cinna Minore, figlia di Lucio Cornelio Cinna, alleato e amico di Gaio Mario. Questo legame parentale con una famiglia schierata con i populares, che nella vita politica della Repubblica Romana sostenevano le istanze del popolo, accrebbe solo i problemi di Cesare durante la dittatura di Silla, altro importante generale e dittatore romano. Silla cercò di ostacolarne in tutti i modi le ambizioni, bloccando la sua nomina a Flamen Dialis(sacerdote preposto al culto di Giove); la situazione poi si aggravò quando il dittatore, avuta la meglio su Mitridate VI, rientrò in Italia e sconfisse i seguaci di Mario nella battaglia di Porta Collina, nell'82 a.C. Ormai capo indiscusso di Roma, Silla si autoproclamò dittatore perpetuo per la riforma delle leggi e la restaurazione della repubblica, e iniziò ad eliminare i suoi avversari politici; ordinò a Cesare di divorziare da Cornelia poiché non era patrizia, ma Cesare rifiutò. Silla meditò allora di farlo uccidere, ma dovette poi desistere dopo i numerosi appelli rivoltigli dalle Vestali e da Gaio Aurelio Cotta. Cesare, temendo comunque per la sua vita, lasciò Roma, prima ritirandosi in Sabina e poi, partendo per il servizio militare in Asia, come legato del pretore Marco Minucio Termo. Come legato di Minucio durante l'assedio di Mitilene, Cesare partecipò per la prima volta ad uno scontro armato e fu premiato per il suo coraggio con la corona civica, che veniva concessa a chi, in combattimento, avesse salvato la vita ad un cittadino. Con la corona civica, a Cesare venne garantito l'accesso al senato.

Abbiatela vinta e tenetevolo pure! Ma un giorno vi accorgerete che, colui che desiderate salvare con tanto affanno, sarà fatale al partito degli ottimati, che tutti insieme abbiamo difeso; infatti in Cesare ci sono molti Gaio Mario!
Lucio Cornelio Silla

Dopo due anni di potere assoluto, Silla si dimise dalla carica di dittatore, ristabilendo il normale governo consolare. Cesare rientrò a Roma solo quando ebbe notizia della morte di Silla. Nonostante tutto Cesare non partecipò alla rivolta anti-sillana capeggiata da Marco Emilio Lepido, si dedicò invece alla carriera forense come pubblico accusatore e a quella politica come esponente dei popolari e nemico dichiarato degli ottimati. Nonostante la giovane età si distinse subito dimostrando una grande intelligenza politica.

Nel 74 a.C. decise di recarsi a Rodi, che era la meta di pellegrinaggio più comune tra i patrizi romani, per poter comprendere meglio la filosofia greca. Durante il viaggio venne però rapito dai pirati che come riscatto chiesero venti taleti. Cesare gliene promise cinquanta e mandò i suoi compagni a Mileto perché ottenessero la somma. Durante la permanenza sull'isola Farmacussa, che si protrasse per trentotto giorni, Cesare compose numerose poesie e mantenne un comportamento piuttosto particolare con i pirati, trattandoli sempre come se fosse lui ad avere in mano le loro vite e promettendo più volte che una volta tornato libero li avrebbe fatti uccidere tutti. Quando i suoi compagni tornarono con il riscatto, Cesare si rifugiò nella provincia d'Asia, governata dal propretore Marco Iunco e giunto a Mileto, armò le navi, tornò a Farmacussa, catturò con facilità i pirati e provvedè lui stesso all'esecuzione di questi, che avvenne prima per strangolamento e poi per crocifissione. In questo modo, secondo le fonti filocesariane, egli non fece altro che adempiere ciò che aveva promesso ai pirati durante la prigionia, e poté anzi restituire i soldi che i suoi compagni avevano dovuto richiedere per il riscatto.

giovedì 4 febbraio 2010

Il rituale della rasatura

Parliamo quest'oggi di una pratica caduta in disuso con l'avvento di rasoi elettrici e quant'altro: "Farsi la barba". Il rito della rasatura nella bottega del barbiere di quartiere, cui fino a qualche decina di anni fa si affidavano pressoché tutti gli uomini ha perso il suo fascino e la sua utilità. Quello che questo blog vuole fare è rivalutare questo antico piacere squisitamente maschile.
Innanzi tutto ricordiamo come la barba può essere importante come elemento di stile o di moda. La rasatura di quest'ultima è una pratica che affonda le sue radici nell'antichità. Il rasoio più antico si deve alla civiltà Egizia, un reperto risalente al 3000 A.C. conservato al Museo del Louvre di Parigi, è uno strumento a forma di coltellino con la punta un po’ ricurva. Sempre gli Egizi successivamente crearono un rasoio a forma lunata e un rasoio formato da due lame unite al centro da una piccola griglia. Alessandro Magno era un fanatico della perfetta rasatura per sé e per tutti i suoi soldati. Proprio da questa esigenza nacque un più comodo rasoio che si ripiegava nel manico detto "culter tonsorium". Nel 300 A.C. fu aperta a Roma la prima bottega di barbiere alla quale seguirono molte altre. Il fatto curioso è che questi barbieri chiamati "tonsores", oltre a fare barba e capelli, estraevano denti e si improvvisavano chirurghi per piccoli interventi. Fino all'ottocento infatti, in italia queste categorie rimasero unite. Il primo rasoio di sicurezza, con lame usa e getta, fu inventato nel 1895 dall'imprenditore americano King Camp Gillette, che lo perfezionò nel 1914 usando l'acciaio inossidabile.

Per una rasatura perfetta ci si deve affidare a delle regole:
Fase preparatoria: accurata detersione ‘cosmetica’ della pelle. Si comincia con un impacco con panno caldo (cui è possibile aggiungere anche essenze benefiche), quindi si passa all’applicazione di creme: il vapore riscalda, deterge e dilata i pori della pelle.

Insaponatura con saponi specifici e non aggressivi (spesso a base di olio di mandorle) e pennelli (in setole animali e non sintetiche). Si esegue una sorta di massaggio con il pennello intriso di schiuma.

Si aggiunge acqua sul viso per evitare che la schiuma secchi troppo.

Rasatura (con lama nuova o, in alcuni casi, lama personale)

Seconda applicazione di panni caldi con cui si toglie la schiuma residua (nei mesi più caldi è bene aggiungere dei cubetti di ghiaccio nei panni per alternare con delicatezza l’effetto caldo a quello fresco e tonificare la pelle).

Nuovo massaggio ‘estetico’ con preparati ‘trattanti’ in crema ad azione lenitiva, ammorbidente ed idratante post barba.

L’uso del rasoio elettrico garantisce più velocità e praticità ma non è adatta a tutti i tipi di pelle (quelle molto sensibili, ad esempi, o in presenza di barba ‘dura’). La rasatura manuale assicura invece una precisione maggiore, se eseguita con la necessaria calma ed attenzione, ed è più rilassante e rinfrescante.

mercoledì 3 febbraio 2010

Un Robin Hood nel selvaggio West: Jesse James

Scritto dalla Maschera di Ferro:
Nato il 5 settembre 1847 a Clay County, nel Missouri, negli Stati Uniti, figlio di un allevatore e prete battista che morì quando era un bambino, crebbe tra gli schiavi delle piantagioni di famiglia, tirato su dalla madre, Zerelda, e dagli uomini sposati dalla donna dopo la morte del marito, emigrato in California per seguire il miraggio dei cercatori d’oro e mai più ritornato. Anche Jesse scelse di partire e la sua sete di vendetta trova spazio nella banda di William Quantrill: una formazione irregolare di supporto ai sudisti specializzata in atti di guerra “non ortodossa”. Si tratta di azioni che hanno un retroterra ideologico dove la politica trascende nella religione in nome di una sorta di guerra santa cristiana, bianca e intransigente. Tra le malefatte di Quantrill e compagni, oltre alle violenze contro i neri, spiccò l’eccidio con cui travolgevano la popolazione di Lawrence: 150 morti in un solo giorno, il 21 agosto del 1863. La supremazia commerciale dei nordisti sarà un fattore determinante per le sorti della guerra, ma quando Lee firmò la resa del Sud con i patti di Appomattox (9 aprile 1865), le bande di guerriglieri che la politica sudista aveva contribuito a formare non smobilitarono. Jesse James, suo fratello Frank e i fratelli Younger diventarono desperados del Wild West, protagonisti di un mito che li trasformò in moderni cavalieri senza macchia e senza paura proprio quando nelle loro azioni sfumò il confine tra guerriglia e criminalità. Le tante canzoni sul ragazzo del Missouri esaltarono il romanticismo degli assalti ai treni, ma non dicevano nulla su come e perché abbia combattuto per i deboli in nome del Sud contro le ferrovie del Nord. La guerra di Secessione portava ogni giorno di più miseria e morte fra la gente del Sud che aveva i campi, unica risorsa per vivere, distrutti dall’artiglieria. Così Jesse disse: “Farò il bandito per mettere un po’ d’ordine nella mia terra e riportare la giustizia”. E allora aveva appena 18 anni.
Una giustizia tutta a modo suo: con l’inseparabile fratello Frank e due amici formò una banda, una delle più sanguinarie del West, la James-Younger band, e cominciarono le loro scorribande preparate con la massima attenzione. Jesse e i suoi compagni sceglievano con cura gli istituti di credito da svaligiare: preferivano quelli che erano amministrati dai nemici del suo territorio e dei suoi concittadini, ovvero gli uomini più influenti degli Stati dell’Unione. Tutti conoscevano le sue imprese, tutti conoscevano il suo nome e Jesse James era famoso almeno quanto il presidente d’America: la gente seguiva le sue gesta nelle cronache dei giornali locali e faceva il tifo per lui. Inseguito dagli sceriffi dell’intero West, braccato dagli uomini di legge, Jesse James si trasformò in un’ombra: fu costretto a inventarsi un’altra identità e a farsi chiamare Thomas Howard, a mutare il proprio aspetto con piccoli travestimenti per sfuggire alla giustizia e a ritirarsi in un piccolo paese del Missouri, a pochi chilometri da dov’era nato, l’unico angolo del West dove si sentiva davvero sicuro. Eppure, nonostante il rischio che correva ogni giorno, Jesse trovò il tempo anche per l’amore e per corteggiare una giovane donna con i lunghi capelli neri e l’aria severa, Zerelda Mimms, che era sua cugina e ne aveva colpito il cuore fin da quando erano bambini. Un fidanzamento durato nove anni e vissuto nella clandestinità: fra una rapina e l’altra, era lui a correre da lei e quell’uomo dall’aria sprezzante diventava improvvisamente un romantico seduttore che le giurava amore eterno. La sua fama correva più veloce della sua pistola, ma c’era una taglia sulla sua testa, una taglia da diecimila dollari per chi avesse catturato lui e il fratello Frank, una vera fortuna che faceva gola a molti, nemici e persino amici. Jesse Junior descrisse un West in guerra civile permanente: un luogo dove il primo ricordo di un bambino (lui stesso) è la finestra di casa sfondata da una fucilata e dove i familiari del bandito sono costretti a una vita da coloni senza terra, perennemente in fuga tra i covi sparsi nell’America confederata. Jesse James, racconta ancora il figlio, era “un uomo alto, bello, impostato, con la barba color sabbia. Con mia madre, mia sorella e me era buono come un pezzo di pane. Ricordo benissimo i suoi scherzi, quando ci divertivamo a giocare insieme”. Le scene di vita familiare, nel libro di Jesse E. James, andarono a sostegno di un’idea che non apparteneva solo al figlio del bandito: Jesse James uccideva, sì, ma rispettando un codice d’onore e, spesso, solo per difendersi dai provvedimenti presi contro di lui da un Paese incapace di trovare una soluzione al problema dei desperandos. La leggenda dei vendicatori della causa del Sud continuò a produrre violenza sui neri – uccisi a centinaia – ma finì con il soccombere in una società dove banche e ferrovie erano viste dai concittadini del bandito come opportunità di investimento e non più come avamposti del male. Il nuovo corso dei tempi si materializzò davanti a Jesse quando, dopo che aveva ucciso il cassiere della First National Bank di Northfield, a sparare contro lui e la sua banda sono i comuni passanti: una reazione inaspettata che costò l’arresto dei fratelli Younger. Nondimeno parte dell’opinione pubblica si mosse ancora per difendere i “guerriglieri” nel momento in cui i cacciatori di taglie dell’agenzia Pinkerton assaltarono un loro rifugio a colpi di bombe provocando vittime innocenti e dando voce a chi vorrebbe risolvere l’affare James con un’amnistia. Chi mai poteva avere il coraggio di ucciderlo? Eppure qualcuno, il 3 aprile 1882, ci volle provare e per il bandito arrivò la fine leggendaria e degna di un pistolero del West. Intanto una taglia di diecimila dollari spinse Bob Ford, con la complicità del fratello Charles, a tradire il suo capo. “Il codardo” andò a casa di Jesse, che si trovava nella sua fattoria di Saint Joseoh, nel Missouri, quando questi salì su una sedia per spolverare la cornice di un quadro: strana occupazione per chi era più abituato ad armeggiare con le Colt e i fucili Winchester piuttosto che svolgere mansioni casalinghe. Dava le spalle a un suo socio in “affari”, Robert Ford, 22 anni, che improvvisamente fece partire un colpo di pistola a tradimento dalla sua Colt 45 uccidendolo all’istante. Zerelda era lì accanto, in cucina, con i due bambini. Sentì lo sparo e corse subito dal marito, si gettò in lacrime su di lui riverso a terra e gli gridò: “Jesse, Jesse, amore mio, rispondi ti prego”. Ma era troppo tardi: ormai quell’uomo che tante volte l’aveva fatta vivere in ansia, e che però era sempre tornato a casa, era morto e l’assassino era scappato via. Una fine quasi banale per chi era abituato a fuggire dalle pallottole degli sceriffi. “Poco dopo l’omicidio di mio padre” raccontò il figlio “una grande folla si radunò intorno alla casa. Immaginai che tutte quelle persone fossero responsabili della sua uccisione.Perciò andai a prendere il fucile di papà dallo sgabuzzino provai a sparare sulla folla. Ma mia madre arrivò subito e mi tolse l’arma dalle mani”. Il piccolo James non seguirà le orme paterne e farà l’avvocato a Los Angeles, ma aveva contribuito alla causa della memoria del padre, che aveva interpretato in Jesse James Unfer the Black Flag e in Jesse James as the Outlaw, due rari film-documentari del 1921: una spettacolarizzazione iniziata subito dopo la morte di Jesse James e l’assassinio di Bob Ford in Colorado nel 1892. “Volevo una taglia, per questo l’ho ucciso”, spiegò Robert Ford che subito i giornali e l’opinione pubblica definirono “Il piccolo e sporco codardo”. Il clamore di quel delitto non si spense anche a distanza di tempo e l’assassino di Jesse James non ebbe vita facile: secondo il galateo dei cowboy e dei fuorilegge, non si spara mai alle spalle. Ford fu arrestato soltanto per pochi giorni, poi scarcerato con tutti gli onori e con la taglia promessa. Con quei soldi guadagnati provò a rifarsi una vita, ma non fu semplice evitare le minacce della gente che lo riteneva l’assassino di un eroe. Fu costretto a iniziare a nascondersi, braccato non più dalla legge ma dal fantasma di Jesse: suo fratello Charles non seppe resistere alle pressioni psicologiche e il 6 maggio 1884 si uccise. Dieci anni più tardi, Robert Ford venne ammazzato da un ex poliziotto, Edward O. Kelly, che spiegò così il gesto: “Volevo vendicare la morte di Jesse”. Ma non bastò la vendetta a fare tornare la pace nella mente di Zerelda che, dalla scomparsa del marito, cadde in assoluta povertà fino alla sua scomparsa, nel 1900. Ma la leggenda di James vive ancora: nelle notti di luna piena, nel West che Jesse amava tanto, può capitare di udire un brusio che arriva dall’alto ed è Jesse James che con la pistola in pugno cavalca nel cielo.

martedì 2 febbraio 2010

La Maschera di Ferro

Qualche sera fa, era un notte di neve e gelo...Noi della rispettabile redazione di "Squisitamente", seduti davanti al camino, abbiamo capito che era giunto il momento di aprire il più segreto e prezioso degli scrigni....

Carteggi, appunti e dispacci del lontano Compagno "che non si nomina"....lo abbiamo ribattezzato la Maschera di Ferro.

La sua vita è leggenda, di lui si mormora piano ad ore tarde della sera... si dice che scriva febbrilmente sul suo vecchio pc dalle 10 alle 15 ore al giorno, ossessivo, esigente, rituale. C'è chi giura abbia solo vent'anni, altri dicono almeno il doppio. A noi tutto il materiale viene spedito in forma anonima, sigillato da ceralacche scarlatte e regali...la sua calligrafia è fitta, minuscola, inclinata..un codice a barre di pensieri e di lavoro consumato al lume di una candela, curvo sul tavolinetto stipato di storie di West, Guerre, eroi famosi ed eroi senza gloria (me ne parlò ben prima dell'eccellente film di Tarantino).
La maschera di Ferro è un amante delle storie, buone storie raccontate, scritte, su pellicola...
Nelle Storie e per le Storie ha sacrificato buona parte della propria vita, meravigliato, ma rapito e chiuso in questa elegante prigione metallica.

lunedì 1 febbraio 2010

Il bastone da passeggio


Majakovskij non l'abbandonava mai, neanche sulla spiaggia, dove passeggiava in bermuda e cappello di feltro calcato sugli occhi. Filippo de Pisis, nel suo trattato sull'eleganza, raccomanda "cautela, gusto e acume nella scelta", oltre a reputare indispensabili "finezza e buon gusto",dicendo che l'eleganza vera "molto consiste nella originalità,ma bisogna andar cauti".

Si tratta del bastone da passeggio, accessorio fondamentale nel 1900, che caratterizzava artisti, scrittori e personaggi influenti di quel periodo. Un tempo gli uomini non uscivano senza guanti e cappello e, tantomento, privi del bastone. In origine, era usato semplicemente per sorreggersi, ma divenne presto un oggetto di moda e di conseguenza, nacquero bastoni da passeggio dai design più svariati. Anche se oggi appare superfluo e privo di qualsiasi importanza, dal punto di vista della moda, emana ancora un certo fascino. Tendendolo in mano possiamo immaginare quanto fosse piacevole per i nostri avi andare a spasso con bastone e cappello. Il bastone da passeggio comunica un'aria di festa e conferisce una certa formalità all'aspetto e, in effetti, in molte culture una verga riccamente decorata è simbolo di dignità e autorità.

Il bastone da passeggio è composto da:
Impugnatura: la parte trattenuta dalla mano più o meno comoda o funzionale, la parte esteticamente più apprezzata e curata nelle forme,disegni,soggetti,materiali in varie forme,becco di corvo,gruccia,a "T", pennacchio,incurvata,laterale,sferica a pomo allungato.
Canna: è la parte più sviluppata del bastone da passeggio,la parte che esprime la vera funzione del bastone stesso,più lungo e grosso nell'antichità per essere usato come vero sostegno, appoggio e difesa della persona.Il passare dei secoli ha reso meno importante.
Puntale: l'ultima parte del bastone, può essere anch'essa di diversi materiali. Può essere largo se lo scopo è quello di appoggiarvisi, ma può essere anche a punta o in molti altri vari modi per un semplice motivo estetico.

Queste e altre importanti informazioni sul sito: www.bastoni.it

domenica 31 gennaio 2010

Domare la Bestia: guidare fuoriserie da gentleman

Guida sicura o guida sportiva?....stessa cosa! Le due varianti non sembrano in antitesi, in entrambi i casi la sfida è quella di riuscire a guidare sfruttando al meglio le potenzialità della vettura.
Le corrette strategie per sfruttare il potenziale tacco-punta non vengono normalmente insegnate nelle scuola guida. Ricordiamoci, però, che la maggior parte dei parametri che influiscono sul comportamento dell'auto variano con il quadrato della velocità, cioè quadruplicano se questa raddoppia.
Prima avvertenza sedersi bene...mani a 9 e 15 sul volante, appoggiatesta regolato a 4-5 cm dal Vostro Regale capo, piede sinistro ben piantato pronto a spingere in modo da favorire l'ancoraggio del busto allo schienale. Il piede destro si sposta tra acceleratore e freno facendo perno sul tallone.
Entriamo in curva dosando la frenata calando gradulmente la pressione sul pedale inserendosi con un residuo 5-10% della potenza frenante utilizzata all'inizio. In ogni caso la curva va impostata stando il più possibile sul lato esterno, stringendo progressivamente fino al punto di corda (punto più vicino al centro geometrico della curva) per poi nuovamente riallargare in uscita verso l'esterno.
E se si perde l'aderenza? Innanzitutto meglio farlo con stile. Se l'auto sbanda con l'avantreno si parla si sottosterzo, spesso causato dall'alta velocità.Non scomponiamoci, la correzione è semplice. Generalmente il rilascio dell'acceleratore o un uso moderato del freno è sufficiente per far rientrare in traiettoria la vettura.
Il sovrasterzo, invece, è assai più difficle da padroneggiare. Nelle trazioni posteriori può essere causato da un'eccessiva accelerazione o da un brusco trasferimento di carico sull'avantreno (rilascio dell'acceleratore e/o frenata in curva).
In ogni caso è necessario controsterzare, girare il volante dalla parte opposta a quella della curva, e tenere in equilibrio la vettura dosando attentamente la potenza.
Infine, che si sbatta o meno...ricordate: non lasciate la pipa in rovere che stringete nel pugno, potrebbe essere l'ultima boccata.