mercoledì 3 febbraio 2010

Un Robin Hood nel selvaggio West: Jesse James

Scritto dalla Maschera di Ferro:
Nato il 5 settembre 1847 a Clay County, nel Missouri, negli Stati Uniti, figlio di un allevatore e prete battista che morì quando era un bambino, crebbe tra gli schiavi delle piantagioni di famiglia, tirato su dalla madre, Zerelda, e dagli uomini sposati dalla donna dopo la morte del marito, emigrato in California per seguire il miraggio dei cercatori d’oro e mai più ritornato. Anche Jesse scelse di partire e la sua sete di vendetta trova spazio nella banda di William Quantrill: una formazione irregolare di supporto ai sudisti specializzata in atti di guerra “non ortodossa”. Si tratta di azioni che hanno un retroterra ideologico dove la politica trascende nella religione in nome di una sorta di guerra santa cristiana, bianca e intransigente. Tra le malefatte di Quantrill e compagni, oltre alle violenze contro i neri, spiccò l’eccidio con cui travolgevano la popolazione di Lawrence: 150 morti in un solo giorno, il 21 agosto del 1863. La supremazia commerciale dei nordisti sarà un fattore determinante per le sorti della guerra, ma quando Lee firmò la resa del Sud con i patti di Appomattox (9 aprile 1865), le bande di guerriglieri che la politica sudista aveva contribuito a formare non smobilitarono. Jesse James, suo fratello Frank e i fratelli Younger diventarono desperados del Wild West, protagonisti di un mito che li trasformò in moderni cavalieri senza macchia e senza paura proprio quando nelle loro azioni sfumò il confine tra guerriglia e criminalità. Le tante canzoni sul ragazzo del Missouri esaltarono il romanticismo degli assalti ai treni, ma non dicevano nulla su come e perché abbia combattuto per i deboli in nome del Sud contro le ferrovie del Nord. La guerra di Secessione portava ogni giorno di più miseria e morte fra la gente del Sud che aveva i campi, unica risorsa per vivere, distrutti dall’artiglieria. Così Jesse disse: “Farò il bandito per mettere un po’ d’ordine nella mia terra e riportare la giustizia”. E allora aveva appena 18 anni.
Una giustizia tutta a modo suo: con l’inseparabile fratello Frank e due amici formò una banda, una delle più sanguinarie del West, la James-Younger band, e cominciarono le loro scorribande preparate con la massima attenzione. Jesse e i suoi compagni sceglievano con cura gli istituti di credito da svaligiare: preferivano quelli che erano amministrati dai nemici del suo territorio e dei suoi concittadini, ovvero gli uomini più influenti degli Stati dell’Unione. Tutti conoscevano le sue imprese, tutti conoscevano il suo nome e Jesse James era famoso almeno quanto il presidente d’America: la gente seguiva le sue gesta nelle cronache dei giornali locali e faceva il tifo per lui. Inseguito dagli sceriffi dell’intero West, braccato dagli uomini di legge, Jesse James si trasformò in un’ombra: fu costretto a inventarsi un’altra identità e a farsi chiamare Thomas Howard, a mutare il proprio aspetto con piccoli travestimenti per sfuggire alla giustizia e a ritirarsi in un piccolo paese del Missouri, a pochi chilometri da dov’era nato, l’unico angolo del West dove si sentiva davvero sicuro. Eppure, nonostante il rischio che correva ogni giorno, Jesse trovò il tempo anche per l’amore e per corteggiare una giovane donna con i lunghi capelli neri e l’aria severa, Zerelda Mimms, che era sua cugina e ne aveva colpito il cuore fin da quando erano bambini. Un fidanzamento durato nove anni e vissuto nella clandestinità: fra una rapina e l’altra, era lui a correre da lei e quell’uomo dall’aria sprezzante diventava improvvisamente un romantico seduttore che le giurava amore eterno. La sua fama correva più veloce della sua pistola, ma c’era una taglia sulla sua testa, una taglia da diecimila dollari per chi avesse catturato lui e il fratello Frank, una vera fortuna che faceva gola a molti, nemici e persino amici. Jesse Junior descrisse un West in guerra civile permanente: un luogo dove il primo ricordo di un bambino (lui stesso) è la finestra di casa sfondata da una fucilata e dove i familiari del bandito sono costretti a una vita da coloni senza terra, perennemente in fuga tra i covi sparsi nell’America confederata. Jesse James, racconta ancora il figlio, era “un uomo alto, bello, impostato, con la barba color sabbia. Con mia madre, mia sorella e me era buono come un pezzo di pane. Ricordo benissimo i suoi scherzi, quando ci divertivamo a giocare insieme”. Le scene di vita familiare, nel libro di Jesse E. James, andarono a sostegno di un’idea che non apparteneva solo al figlio del bandito: Jesse James uccideva, sì, ma rispettando un codice d’onore e, spesso, solo per difendersi dai provvedimenti presi contro di lui da un Paese incapace di trovare una soluzione al problema dei desperandos. La leggenda dei vendicatori della causa del Sud continuò a produrre violenza sui neri – uccisi a centinaia – ma finì con il soccombere in una società dove banche e ferrovie erano viste dai concittadini del bandito come opportunità di investimento e non più come avamposti del male. Il nuovo corso dei tempi si materializzò davanti a Jesse quando, dopo che aveva ucciso il cassiere della First National Bank di Northfield, a sparare contro lui e la sua banda sono i comuni passanti: una reazione inaspettata che costò l’arresto dei fratelli Younger. Nondimeno parte dell’opinione pubblica si mosse ancora per difendere i “guerriglieri” nel momento in cui i cacciatori di taglie dell’agenzia Pinkerton assaltarono un loro rifugio a colpi di bombe provocando vittime innocenti e dando voce a chi vorrebbe risolvere l’affare James con un’amnistia. Chi mai poteva avere il coraggio di ucciderlo? Eppure qualcuno, il 3 aprile 1882, ci volle provare e per il bandito arrivò la fine leggendaria e degna di un pistolero del West. Intanto una taglia di diecimila dollari spinse Bob Ford, con la complicità del fratello Charles, a tradire il suo capo. “Il codardo” andò a casa di Jesse, che si trovava nella sua fattoria di Saint Joseoh, nel Missouri, quando questi salì su una sedia per spolverare la cornice di un quadro: strana occupazione per chi era più abituato ad armeggiare con le Colt e i fucili Winchester piuttosto che svolgere mansioni casalinghe. Dava le spalle a un suo socio in “affari”, Robert Ford, 22 anni, che improvvisamente fece partire un colpo di pistola a tradimento dalla sua Colt 45 uccidendolo all’istante. Zerelda era lì accanto, in cucina, con i due bambini. Sentì lo sparo e corse subito dal marito, si gettò in lacrime su di lui riverso a terra e gli gridò: “Jesse, Jesse, amore mio, rispondi ti prego”. Ma era troppo tardi: ormai quell’uomo che tante volte l’aveva fatta vivere in ansia, e che però era sempre tornato a casa, era morto e l’assassino era scappato via. Una fine quasi banale per chi era abituato a fuggire dalle pallottole degli sceriffi. “Poco dopo l’omicidio di mio padre” raccontò il figlio “una grande folla si radunò intorno alla casa. Immaginai che tutte quelle persone fossero responsabili della sua uccisione.Perciò andai a prendere il fucile di papà dallo sgabuzzino provai a sparare sulla folla. Ma mia madre arrivò subito e mi tolse l’arma dalle mani”. Il piccolo James non seguirà le orme paterne e farà l’avvocato a Los Angeles, ma aveva contribuito alla causa della memoria del padre, che aveva interpretato in Jesse James Unfer the Black Flag e in Jesse James as the Outlaw, due rari film-documentari del 1921: una spettacolarizzazione iniziata subito dopo la morte di Jesse James e l’assassinio di Bob Ford in Colorado nel 1892. “Volevo una taglia, per questo l’ho ucciso”, spiegò Robert Ford che subito i giornali e l’opinione pubblica definirono “Il piccolo e sporco codardo”. Il clamore di quel delitto non si spense anche a distanza di tempo e l’assassino di Jesse James non ebbe vita facile: secondo il galateo dei cowboy e dei fuorilegge, non si spara mai alle spalle. Ford fu arrestato soltanto per pochi giorni, poi scarcerato con tutti gli onori e con la taglia promessa. Con quei soldi guadagnati provò a rifarsi una vita, ma non fu semplice evitare le minacce della gente che lo riteneva l’assassino di un eroe. Fu costretto a iniziare a nascondersi, braccato non più dalla legge ma dal fantasma di Jesse: suo fratello Charles non seppe resistere alle pressioni psicologiche e il 6 maggio 1884 si uccise. Dieci anni più tardi, Robert Ford venne ammazzato da un ex poliziotto, Edward O. Kelly, che spiegò così il gesto: “Volevo vendicare la morte di Jesse”. Ma non bastò la vendetta a fare tornare la pace nella mente di Zerelda che, dalla scomparsa del marito, cadde in assoluta povertà fino alla sua scomparsa, nel 1900. Ma la leggenda di James vive ancora: nelle notti di luna piena, nel West che Jesse amava tanto, può capitare di udire un brusio che arriva dall’alto ed è Jesse James che con la pistola in pugno cavalca nel cielo.

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